Arrestata Rosalia Messina Denaro, sorella del boss Matteo


I carabinieri del Ros hanno arrestato, con l'accusa di associazione mafiosa, la sorella del boss Matteo Messina Denaro, Rosalia. L'inchiesta è stata coordinata dalla Procura di Palermo. Secondo gli inquirenti, la donna avrebbe aiutato per anni il fratello a sottrarsi alla cattura e avrebbe gestito per suo conto la "cassa" della "famiglia" e la rete di trasmissione dei 'pizzini', consentendo così al capomafia di mantenere i rapporti con i suoi uomini durante la sua lunga latitanza. E' stato un appunto dettagliato sulle condizioni di salute di Matteo Messina Denaro, scritto dalla sorella Rosalia e da lei nascosto nell'intercapedine di una sedia, a dare agli investigatori l'input che ha portato, il 16 gennaio scorso, all'arresto del capomafia.  Lo scritto è stato scoperto dai carabinieri del Ros il 6 dicembre scorso mentre piazzavano delle cimici nella abitazione della donna.  Mentre cercano il posto giusto per nasconderle, i militari scoprono un appunto all'interno di una gamba cava di una sedia.

Rosalia, secondo i magistrati, ha avuto un ruolo fondamentale nella gestione del flusso di denaro contante a disposizione della famiglia mafiosa. Decine i pizzini con la contabilità del capomafia rinvenuti nell'abitazione della donna, che eseguiva gli ordini del fratello e consegnava i soldi a una serie di soggetti, rendicontando puntualmente di anno in anno entrate e uscite. Alcuni appunti sono stati trovati in una botola nel sottotetto della casa di campagna: "pizzini" tutti con oggetto nomi in codice, ordini e somme di denaro.
In uno degli appunti il boss ricorda al destinatario l'esistenza di una grossa provvista (64.100 euro) e le spese già affrontate (12.400 euro). E impartisce a chi avrebbe ricevuto il messaggio l'ordine su quanto spendere per il periodo successivo ("per il prossimo periodo devi spendere di nuovo 12.400").
"Tale espressione - scrive il gip che ha arrestato Rosalia Messia Denaro - rivela con certezza l'esistenza di un fondo riservato: il tenore della espressione devi lascia certamente intendere che si tratta di somme da utilizzare non per il personale soddisfacimento di chi le aveva in custodia, ossia il destinatario del pizzino, ma assai verosimilmente doveva essere costui a sua volta a distribuire il denaro a terzi".
Natura della provvista, per i pm, è la "cassa", "espressione oramai divenuta notoria con la quale le famiglie di Cosa nostra - continua il giudice - indicano la giacenza alimentata dai proventi illeciti di denaro in contanti, pronta a essere utilizzata, con cui l'articolazione o il mandamento mafioso fa fronte alle spese per i detenuti, per le loro famiglie, per gli onorari dei legali e più in generale per i bisogni degli associati".

Nel provvedimento si sottolinea il ruolo non certo occasionale, ma certamente strutturato della donna "come dimostrato dal lungo pluriennale arco temporale cui i conteggi della 'cassa' sono riferibili e dalla costante opera di gestione rassegnata dalla Messina Denaro al fratello latitante con periodici resoconti delle spese e dei residui fondi a disposizione". "Mi fai scmpre lo spekkietto finale, così so quanto è la cassa", si legge in uno dei pizzini trovati rivolti dalla donna al boss.
"Assecondando i ritmi imposti dai continui e incessanti arresti che hanno flagellato e decimato la famiglia di sangue del latitante, Rosetta, nome in codice Fragolone (così la indicava il fratello nei biglietti ndr) ha negli anni svolto il ruolo può dirsi forse più affidabile: quello di referente per tutti gli affari di famiglia e quella di fedele detentrice del denaro contante".

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